venerdì 10 febbraio 2012

La Confraternita di S. Maria della Misericordia


Nell’antica chiesa di San Giovanni “ad plateam” (a piazza), lungo Corso Lucilio, fu eretta la confraternita di S. Maria della Misericordia (detta popolarmente della “Misericordia”). I primi segni della sua esistenza si rinvengono già nel 1527 ma il sodalizio ottenne il riconoscimento canonico solo il 18 aprile del 1536 con bolla dell’arcivescovo metropolita di Napoli e, successivamente, l’inquadramento giuridico ottenendo il Regio Assenso il 27 settembre 1765 con decreto emesso dal comitato di reggenza, stante la minore età di Ferdinando IV. La vita della congregazione era regolata da un complesso statuto composto di 121 regole, anch’esse approvate nel 1765. La confraternita eleggeva l’Amministrazione (Priore e due assistenti), ogni anno, il 29 aprile (giorno in cui si festeggiava S. Leone IX, protettore della Città), e celebrava solennemente la festa della congregazione il giorno di Pentecoste, portando in processione la seicentesca statua della Madonna della Misericordia, ancora oggi esistente e conservata in una nicchia posta sull’altare laterale sinistro della Chiesa (la statua, un tempo ammirata per la sua bellezza, è stata sottoposta a svariati e discutibili interventi di restauro nel secolo scorso). Questa processione veniva popolarmente chiamata la "processione delle rose" perchè al passaggio della Madonna si lanciavano dai balconi petali di rosa.
L’ente era impegnato in una fervente opera caritativa ed assistenziale ma data la scarsità di rendite i confratelli erano obbligati a turno a questuare il Giovedì in Sessa mentre gli amministratori questuavano per le campagne durante i raccolti. Con i fondi ottenuti, oltre a sostenere le attività di culto, la congregazione stanziava annualmente una somma di dodici ducati per una giovane, figlia o sorella di Confratello, che si maritasse o si facesse monaca di clausura. Per regolare le attività di culto, i Confratelli stipularono una convenzione nel 1763 con l’allora Vescovo Mons. Granata (ancora conservata presso l’Archivio Diocesano), in cui si stabilivano i giorni del mese nei quali i confratelli potevano officiare senza disturbare le cerimonie parrocchiali e lo stipendio che doveva essere versato al Parroco, che era anche il Cappellano della Confraternita. Questo sodalizio seppe mantenere il passo, per oltre due secoli, con le altre confraternite sessane ed occupò un posto non secondario tra le istituzioni che hanno contribuito a rafforzare i sentimenti religiosi e morali dei cittadini. La nota de’ luoghi pii laicali e misti ….. della Metropolia Napoletana, compilata nel 1788, l’assoggettava ad una contribuzione annua, a favore dell’arcivescovo metropolita, di ducati 4,50. Un importo piuttosto elevato che induce a considerare questa congrega tra le prime per importanza e frequenza di cerimonie liturgiche. Svolgeva la sua processione penitenziale durante la Settimana Santa nella pomeriggio del Mercoledì Santo. Infatti, nel carteggio, reso greve dal peso di ricorsi, controricorsi e decreti, accumulatisi negli anni intorno al 1770, per stabilire i diritti di precedenza durante le processioni, Ferdinando IV ordinò che essa doveva occupare l’ultimo posto (essendo la seconda per fondazione dopo l'Arciconfraternita di S. Biagio, che aveva l'onore di aprire la Settimana Santa). A partire dalla seconda metà dell’Ottocento ebbe inizio un lungo ed inesorabile periodo di decadenza. Difatti, nell’inventario prefettizio del 1873, le sue rendite s’erano ridotte a sole £ 142,96. F. Sacco afferma che la confraternita era estinta già nel 1898; al contrario continuò faticosamente ad esistere fino agli anni 50-60 del novecento. L’ultima processione di cui si abbia memoria risale al 1951, anno in cui Sessa fu colpita da un grave terremoto che indusse le confraternite della città a dar vita a processioni penitenziali straordinarie. Gli ultimi confratelli stabilirono la loro sede nella Sartoria “Aulicino” sita in via Garibaldi (oggi non più esistente), fino alla fine degli anni sessanta quando il sodalizio, nell’indifferenza generale, cessò di esistere. I confratelli indossavano una mozzetta di color rosso "cremisi", più vicino ad un rosa scuro (molto simile al colore che hanno le "attuali" mozzette dell'Arciconfraternita di S. Biagio), saio e cappuccio bianchi ed un cordone dello stesso colore della mozzetta. Caratteristico era lo stendardo sulla cui sommità veniva montato un mazzetto di rose dello stesso colore delle mantelle dei confratelli. Nella Chiesa di S. Giovanni a piazza si possono ancora ammirare i segni di questa congregazione. In particolare, sul soffitto della Chiesa è ancora perfettamente conservato un dipinto di forma circolare che riproduce la Vergine Maria con in braccio il Bambino mentre accarezza due incappucciati della confraternita. Anche sulla facciata della Chiesa è ben visibile un bassorilievo con il simbolo della congregazione, sebbene il colore sia ormai quasi del tutto illegibile. Di recente, sono stati ritrovati la preziosa coltre funeraria (con ricami in filo d'oro), lo stendardo, la Croce penitenziale ed alcuni abiti che, grazie all'intervento di benemeriti concittadini, sono stati restaurati ed esposti alla cittadinanza a testimonianza della presenza di questo sodalizio nella storia della nostra città (le foto esposte sono di Giampaolo Soligo). La lunga storia di questo sodalizio termina, anche legalmente, il 6 dicembre 2010 allorquando è stata dichiarata la sua estinzione con decreto del Ministero dell'Interno pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 27 del 3 febbraio 2011. Chissà ... forse un giorno qualcuno deciderà di rifondare questa congregazione ereditando un importante lascito storico, culturale e religioso che non doveva andare perduto.

1 commento:

pietro520 ha detto...

Magari se ci fosse di nuovo la regola Dell optante...sicuramente la rifondazione sarebbe più facile